radiografia scoliosiLe radiografie fanno male! Questo è uno degli assiomi che sentiamo dire tutti i giorni dai medici, dai pediatri, in televisione. E il problema della sicurezza degli esami diagnostici, nella fattispecie la radiografia, è ancora più sentito nel campo della terapia della scoliosi. Come mai? Perché durante la terapia della scoliosi è necessario ripetere più volte le radiografie, e l’età in cui i ragazzi e le ragazze entrano in trattamento è quella della crescita.

Non basta fare la visita per scoprire la scoliosi?

Durante la visita il medico può individuare dei segni che fanno pensare che ci possa essere una scoliosi, ma la conferma arriva solo con la radiografia. Solo incrociando i dati della visita con quelli della radiografia è possibile porre diagnosi di scoliosi. La radiografia fornisce anche  indicazioni sulla prognosi, cioè sui rischi futuri legati alla scoliosi, in particolare il rischio di peggioramento, e serve a monitorare l’andamento della terapia.

Quanto fanno male le radiografie?

In realtà, la preoccupazione per le radiazioni delle radiografie sono decisamente eccessive. Una volta, agli albori della radiologia, le apparecchiature utilizzate erano veramente molto dannose, perché utilizzavano altissimi dosaggi di raggi x, e ci è voluto un po’ a comprenderne i rischi. Nel corso degli anni la tecnica è migliorata molto, e gli apparecchi di oggi non hanno niente a che vedere con quelli che si usavano nei decenni passati. Pensate che solo nell’ultimo decennio, con il passaggio dalle apparecchiature analogiche a quelle digitali, la riduzione dei raggi impiegata è stata del 15%. Inoltre, nessuno ci pensa ma noi viviamo costantemente immersi nelle radiazioni che arrivano dal sole, e che sono le stesse che vengono utilizzate in radiologia.

Quante radiazioni ci sono nell’ambiente?

Ce ne sono parecchie, ma senza di esse non esisterebbe la vita! Sono le radiazioni cosmiche insieme alle radiazioni terrestri ad aver trasformato la materia inerte in materia organica. Ma a parte questo, vediamo di capire con qualche esempio quanti raggi assorbiamo in media per il solo fatto di vivere sul pianeta Terra confrontandoli con quelli degli esami. Una radiografia equivale circa a 1 volo transoceanico Milano-New York, un mese trascorso a 1600 metri di quota (nove milioni di Italiani abitano in comuni montani) e al 2% della radiazione che assorbiamo in un anno a prescindere da dove ci troviamo e cosa facciamo. Da questo confronto cosa possiamo concludere? Che vivere sulla Terra è pericolosissimo per via delle radiazioni oppure che forse la preoccupazione che abbiamo circa la radiologia sia un po’ eccessiva? Ovviamente, anche se i dosaggi non sono così alti, è bene non abusare di questi esami, ma il terrorismo che a volte viene fatto, talvolta persino dai medici, è realmente esagerato. Un recente sondaggio svolto da tre associazioni scientifiche, l’Associazione Italiana di Fisica Medica, la Società Italiana di Pediatria e la Società Italiana di Radiologia Medica, ha rivelato che “Più della metà dei pediatri ha appreso nozioni di radioprotezione soltanto durante gli studi universitari o della specializzazione. Il 91% di essi è fortemente interessato ad approfondire la tematica non solo in ambito pediatrico ma anche circa il periodo prenatale. Il 41% nell’ultimo anno non ha informato il paziente circa i rischi connessi ad una determinata procedura radiologica, segno forse proprio di una scarsa conoscenza delle questioni relative alle dosi di radiazioni ionizzanti somministrate durante l’esecuzione di esami radiologici.” Questo può spiegare le enormi differenze nel comportamento prescrittivo tra i pediatri, che in alcune zone prescrivono con estrema difficoltà anche in casi di necessità assoluta mentre in altri tendono ad eccedere in senso inverso.

Anche se le radiografie non fanno così male quanto si crede, non esistono esami alternativi?

Esami realmente alternativi alla  radiografia che si possano applicare nella quotidianità non ce ne sono. Esistono delle apparecchiature per fare la risonanza magnetica in piedi, ma non sono diffuse per gli enormi costi. Esistono degli esami di superficie, come il Formetric, che permettono di monitorare molti parametri della schiena e sul quale si sta lavorando con un progetto europero chiamato Scolio-see, ma non possono farci vedere la colonna. Il problema infatti è quello di andare a vedere all’interno del nostro corpo cosa accade durante il trattamento o il semplice monitoraggio.

L’unica vera alternativa alla radiografia è la radiografia, ma quella a basso dosaggio!

Come possiamo proteggerci dall’eccesso di raggi per le radiografie per la scoliosi?

In due modi: prima di tutto, attraverso un’accurata gestione da parte dello specialista delle richieste di esami radiografici, ed evitando di fare radiografie non richieste. Ci sono alcune zone d’Italia nelle quali vengono sempre fatte due proiezioni, frontale e laterale, anche se, secondo le indicazioni di SOSORT, dopo il primo esame che deve essere completo basta la proiezione frontale.

L’altro modo è ricorrendo alle radiografie EOS. Che cosa sono? Sono radiografie a bassissimo dosaggio studiate apposta per valutare i pazienti con la scoliosi. Pensate che per fare 10 radiografie EOS si assorbono le stesse radiazioni di una singola radiografia digitale! Oggi in Italia ci sono solo due apparecchiature per uso clinico più una per uso sperimentale che si trovano a Milano e in provincia di Isernia. Quindi, in caso sia necessario ripetere più volte gli esami, soprattutto in tempi molto ravvicinati, o si è troppo spaventati all’idea di fare una radiografia normale nonostante le informazioni riportate in questa sede, esiste finalmente un’alternativa!

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